La tenda fu scostata di scatto.Un gesto gravido di speranza e aspettativa. In meno di un secondo un improvviso fascio di luce fredda e bianca irruppe all’interno del tronco. La cavità silente, raggomitolata tra fibre e pori come di dolce rosso materno si aprì alle prime luci dell’alba. I termorivelatori incastonati nella spessa corteccia segnavano trenta gradi al disotto dello zero, gli agenti inquinanti sospesi nell’atmosfera si assestavano su percentuali ancora tollerabili, oltre lo specchio della finestra, l’immobile città di ghiaccio.
Diego Marini, addetto alla manutenzione degli impianti di risalita dei grattacieli del quadrante di Roma nord, come ogni mattina era immerso in tutto questo, unitamente ad alcune congetture minori, ricordi o timidi riflessi di un esistenza dismessa.
Ricordava di aver avuto dei figli: la pelle calda ed abbronzata la bella estate la lenta emersione in superficie l’afa; sospensioni e lontani bagliori.
Prima del crollo e della devastazione, prima dell’onda e del gelo.
Diego Marini si cosparse di grasso il corpo, vi sfilò la guaina d’antracite e chiuse l’epidermide residua all’interno di un pesante giaccone di tessuti artificiali di ultima generazione. Leggi il seguito di questo post »